Il brand Marinella è alla quarta generazione. Qual è la forza della vostra azienda?

Tanta tradizione, tanta storia, passaggi generazionali che hanno saputo cogliere le opportunità del tempo. Abbiamo affrontato tutte le difficoltà, compresa la Pandemia, in maniera razionale, fino ad arrivare a 109 anni di attività. Il 110° anno lo compiremo il 26 Giugno 2024. Una data importante. Stiamo pensando a un evento.

Cosa è cambiato oggi rispetto al passato? La sua impronta in cosa si evince?

E’ cambiato tantissimo. Marinella non nasce come un negozio di cravatte. Nel 1914 si occupava prevalentemente di importare articoli inglesi, dalle scarpe alle camicie. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l’incrinarsi dei rapporti con l’Inghilterra, cominciarono a farsi strada i primi lavori sulla seta, puntando sulle cravatte. Fino a qualche anno fa eravamo un ibrido, oggi abbiamo un’identità precisa. Il negozio si è trasformato in un brand tutto nostro. Tutti gli articoli sono Marinella.

Cosa rappresenta per lei il bancone del negozio di Riviera di Chiaia 287?

E’ casa. Tutta la mia famiglia ha abitato a piazza Vittoria, io abito lì, è il nostro punto di ritrovo. Quel negozio non è solo un’insegna ma la nostra vita, un’emozione.

Come siete partiti e dove siete arrivati?

Siamo partiti da 20 metri quadri a Napoli. C’è un aneddoto che racchiude il senso della nostra storia. Io non ero ancora nato, mio nonno mi ha raccontato che agli inizi della nostra attività, Donald Trump, allora meno noto di oggi, inviò una lettera in cui ci offriva gratuitamente di aprire un negozio all’ultimo piano della Trump Tower. Mio nonno rifiutò, perché ha sempre creduto che per arrivare alle grandi cose bisogna passare per le piccole.

Chi lavora in azienda?

Siamo io e mio padre. Lui in qualità di amministratore delegato e io come General manager. Tra noi passano quarant’anni, due generazioni a confronto. Anche per questo, oggi, i nostri dipendenti sono per lo più giovani, dal 2018 a oggi abbiamo assunto 18 under 35. Con questa nuova linfa giovane si sono aperti diversi scenari e, in controtendenza alla nostra produzione di cravatte, la maggior parte sono donne.

Avete mai ricevuto proposte di rilevamento dell’azienda?

Si, soprattutto estere. Quando ero ancora uno studente universitario ricordo che la proposta arrivò dal gruppo Lvmh, un’offerta da far tremare i polsi. Anche in quell’occasione non accettammo.

Copertina su Forbes, docufilm…come si mantiene il successo?

Quando un’azienda crea valore e diventa più grande, spesso, dimentica i suoi ‘valori’ iniziali, compiendo un errore madornale. Oggi è sicuramente diverso da ieri, tutto è cambiato, ma i valori di Marinella non cambieranno mai.

Come sono oggi i rapporti con l’Inghilterra?

Nel tempo abbiamo stretto rapporti con la famiglia reale inglese. Nel 2017 io e mio padre fummo ospitati da Re Carlo per un tè a Buckingham Palace e oggi siamo quasi al traguardo di un’importante onorificenza, ovvero lo stemma, il Royal Warrant, che riconosce la nostra attività commerciale come fornitore della corona inglese. In realtà, la nostra, è stata un’eccezione, in quanto per ottenere tale sigillo bisogna avere 100 anni di attività e avere origini inglesi.

Qual è la sua formazione? Cosa consiglierebbe a un giovane che vuole avviare un’impresa di successo?

Sono laureato in Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in lingua inglese che trattava gli aspetti fondamentali dell’internazionalizzazione delle PMI e nel 2020 ho conseguito il master in business Innovation alla Federico II di Napoli e nel 2021 il Master all’IPE/IESE Business School in Gestione dell’impresa. Non esiste un segreto per il successo, credo sia importante valutare le esigenze del mercato e al contempo le esigenze personali, le proprie attitudini. Oggi, ci sono tantissime opportunità, soprattutto nel settore artigianale e in tutti quei settori fino ad oggi bistrattati dai quali, invece, si può ottenere molto.

Prossimi impegni e obiettivi?

L’idea è quella di rendere il marchio sempre più internazionale. Ci auguriamo una crescita lenta e sostenibile, che riesca a coniugare sempre tradizione e innovazione.

 

 

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